Vi consiglio vivamente di dare una letta al post, come sempre accade in quel gruppo, interessantissimo sulla possibilità o meno di riproporre articoli sulla fotografia analogica (non me ne voglia il direttore Forti) nella nostra amata rivista Fotografia Reflex.
Vi riporto l’intervento di Giulio Forti, il direttore di Fotografia Reflex, che dice:
La richiesta di Lehasnikro e di spiderfrank sul tema bianconero analogico e la lunga catena di interventi mostra che la questione esiste e che esista una voglia di fotografare con un mezzo chimico di estrema bellezza e manualità.
La discussione inconsciamente rilancia l’idea vagante da tempo in redazione di riprendere l’argomento su FR. Dicendo manualità, intendo quel gusto irripetibile che tutti coloro che per la camera oscura sono passati conoscono bere: la sfida senza compromessi con se stessi nel portare a termine il processo con le proprie mani, senza software di supporto. Ovvio che si possa immaginare amche la via ibrida che consiste nello sviluppo della pellicola (facile) e nella stampa digitale via scansione.
Se è vero che il sistema all’alogenuro d’argento non aveva più molti modi di perfezionarsi, altrettanto lo è il sistema digitale oggi perché, dopo 15 anni, strizzati come limoni gli elementi base l’industria non sa più come innovare e quindi ripiega su soluzioni di marketing per mantenere vivo il mercato.
Chi ha avuto esperienza analogica, sa che una reflex digitale va usata nello stesso identico modo. Insomma, che non c’è un modo digitale per fare fotografie. Non è vero, d’altro canto, che scattare con pellicola significhi usare la testa. O ce l’hai, o non ce l’hai, la testa. Fatta salva ogni sua utile e riconosciuta caratteristica usata con la testa, il digitale ha reso possibile a chiunque di vedere la fotografia sul display, ciò che è la chiave del suo successo commerciale e della risultante massificazione culturale.
Quell’ansia da ricerca del negativo perfettamente esposto è scomparsa, sostituita dell’ansia da menu, da colorimetria, da bilanciamento del bianco, da rumore, da profili colore… Il tutto ancora perché il sistema fa una fatica boia ad emulare la semplicità della ripresa analogica. Dubito che riprendere l’argomento sulla rivista basti a far ripartire il gusto della fotografia su pellicola, penso però che un certo numero di lettori apprezzerà e che altri potranno incuriosirsi.
Ci ragioneremo in modo più approfondito. E voi aiutateci a chiarirci le idee.
Ovviamente vi consiglio di andare a leggere tutto il post dove troverete i pareri di gente come Claudia Rocchini o Le Ali.
5 risposte su “Fotografia Reflex: De pellicola e dintorni”
diciamo un po meno pischello di me … ma poco poco.
in effetti sono un pischello.
ho 47 anni.
@giorgio: sono commosso! La stessa, o quasi, storia di mio suocero che ha chiuso una tipografia per “colpa” del digitale. Che ci vuoi fare amico mio, i tempi cambiano. Ma pensa te, io mi ero fatto l’idea che fossi un “pischelletto” ah ah ah
a volte quando eseguo un lavoro in digitale mi stupisco al pensiero di come poteva essere difficile se scattato in analogico.
non è la stessa cosa.
non ci credete.
il digitale vi da infinite possibilità in più.
è più democratico, ha portato alla fotografia tutti, e finalmente vedo tante donne in giro con le reflex, che scattano, più degli uomini.
prima si contavano sulle dita di una mano.
questo è bellissimo.
si guadagna molto di meno, dicono che i fotografi andranno a sparire.
per voi non è importante.
per me si.
ma questo è solo un dettaglio.
grazie per l’attenzione.
Della fotografia analogica rimpiango il fatto che eravamo in pochi a lavorare con macchine 20×25, e quando ti veniavano richieste quelle dia con un lavoro ci stavi bene per settimane. Mica roba da microstock ad un dollaro.
Ho un fastidio invece al pensiero che dovevamo illuminare tutto, non esistevano HDR, maschere, livelli, fare misurazioni infinite ovunque fossero ambienti, statue o dipinti.
Prendere 12 punti di misurazioni su un quadro 3×2 ed accettare tolleranze di un decimale.
I cavi non bastavano mai, le prese sempre nei posti sbagliati, nasconderle coi tappeti…
Ma lameno si guadagnava.
Quando iniziai col digitale rimasi sbalordito dalla sua semplcità. La prima cosa che pensammo io ed il mio assistente parlandone in macchina fu che per noi era finita.
Frotte di persone avrebbero rosicchiato tutti i lavori di basso livello che ci rifocilavano e non avevamo calcolato che quelli di alto sarebbero diventato anche loro di basso livello.
La fotografia analogica è molto più difficile nella mia specializzazione di quella digitale.
infinitamente. non è per niente la stessa cosa.
lavorar ecol digitale è più divertente, hai meno limiti, anche se secondo me il 20×25 dia ancora non si batte.
ma sarà questione di poco.
non uso da tanti anni il 35mm, uso molto spesso la 6×6, tutte le settimane il banco 10×12.
La 20×25 non la vuole più nessuno.
costa troppo. l’ho venduta.
una parte della mia vita è passata. ma ogni mezzo nuovo che scopro non fa che rinnovare l’amore che ho per questo mestiere.