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Fotografia

La grammatica fotografica (ovvero pensieri sgrammaticati)

This entry has been published on 30 Marzo 2011 and may be out of date.
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© 2011 by Adolfo Trinca

Stamattina davo un’occhiata al mio album su Flickr, in verità è da qualche tempo che sono molto riflessivo riguardo le mie foto sopratutto verso il mio modo di farle. Volevo registrare in maniera scientifica le regole che governano il mio modo di fare fotografia e pensavo che guardando e riguardando la mia evoluzione avrei forse ricavato indicazioni sul dove sto andando e sopratutto sul come. Quindi sono partito dalle foto più vecchie sino ad arrivare alle ultime, quelle fatte a Martina e Silvana sabato pomeriggio.

Pensavo e ripensavo a quale fosse, casomai ci fosse, il mio modo di costruire, per cosi dire, una mia fotografia. Ho cercato di fare attenzione a quali fossero le “parole” che utilizzo maggiormente (quali tempi e diaframmi più utilizzati ad esempio) ed all’evoluzione che, con il passare del tempo, con l’affinarsi della tecnica e sopratutto con l’aumentare della mia cultura fotografica, ho avuto negli ultimissimi anni.

Insomma guardavo e riguardavo con sempre la stessa domanda, semplice quando complicata in testa: quali sono le regole “grammaticali” con le quali cerco di descrivere la realtà?

Ebbene, sono arrivato alla conclusione che come nella scrittura anche per la fotografia utilizzo un mio slang, ovviamente pieno zeppo di refusi. Errori che a dire il vero, almeno il più delle volte, non mi impediscono di esprimere ciò vedo. Delle volte penso, o forse mi illudo, che questi miei errori, combinati con le cose che invece faccio correttamente, rappresentino il mio personale dialetto, il linguaggio che spero mi contraddistingua. Non parlo di stile, quello è per pochi ed io non penso di aver raggiunto un mio stile personale.

In sostanza sono riuscito quasi da subito a capire quale fosse la penna che utilizzo…abbastanza ovvio…la mia adorata (ma non solo) Reflex. Ma qual’era l’inchiostro? con che cosa e che cosa scrivo?

La cosa che io vorrei esprimere in quello che faccio è il Divino. Nulla più. Che sia quello dei Cristiani o quello degli Indiani d’America non importa, mi piacerebbe che le mie foto dessero la sensazione a chi le vede che dentro quella persone o quel paesaggio c’era un’anima!

AH AH AH

c’hai creduto faccia di velluto

AH AH AH

il Divino gh gh gh…il Di Vino forse ^_^

V’ho fatto uno scherzo!

Di adolfo

Nato sulla terra e residente sulle nuvole.

2 risposte su “La grammatica fotografica (ovvero pensieri sgrammaticati)”

Scusa ma non ti ho seguito, dal frustino in poi non ho capito piu’ nulla :P

Ps
in effetti sembrava un bell’articolo di introspezione.
Come si dice dalle mie parti: Mola il bevi (lascia stare il bere)

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