Questo testo, anche questo testo, è tratto dal libro Piccoli Formati che ho già citato in precedenza parlando della scelta della giusta focale per il ritratto.
E’ interessante che allora come ora si era alla ricerca di apparecchi sempre più piccoli e che avessero all’interno degli automatismi che lasciassero a chi fotografa il solo pensiero di cosa fotografare. Interessante, voi che ne dite?
Introduzione
Milioni di persone possiedono ai giorno d’oggi un apparecchio fotografico. Ma quanti di loro hanno realmente preso coscienza di quello che fanno premendo il bottone di scatto?
Certamente, far scattare un otturatore può essere oggi un atto meccanico, ma prima di, arrivare a ciò, colui che usa un apparecchio deve rendersi conto di quello che rappresenta questo « nuovo gesto » del XX secolo: l’atto fotografico.
Questa sensazione non può avvenire se non attraverso l’apparecchio in quanto « prolungamento dell’occhio ». Affinché gesto in questione sia usuale per l’uomo e a poco a poco finisca per integrarsi a lui, non deve essere un impedimento alla sua libertà di movimento. L’apparecchio fotografico deve essere concepito in modo tale che arrivi a incorporarsi al modo di vivere dell’uomo moderno. Il volume, il peso e la facilità di manovra sono fattori determinanti nella realizzazione di questo modo di essere.
Grazie alla loro concezione generale, i « piccoli formati » rispondono nel miglior modo a queste esigenze. E, fatto importante, essi sono giunti ora ad aprire un nuovo e decisivo capitolo nella storia della fotografia: quello dell’automatismo più o meno completo degli apparecchi. Per mezzo di meccanismi « robot » di rara ingegnosità, l’apparecchio toglie ora all’operatore ogni preoccupazione puramente meccanica che, in un passato ancora recente, intralciava la sua rapidità d’azione. Nel momento decisivo dello scatto, il fotografo dev’essere libero da queste ultime esitazioni che ancora ieri diminuivano le sue facoltà creatrici.
L’uomo che possiede uno di questi apparecchi precisi, dalle linee pure, sente immediatamente che possiede un mezzo ideale che gli permette di materializzare l’idea astratta del « prolungamento dell’occhio ». Rapidamente, con la pratica — e per poco che voglia, all’inizio, impegnarsi ad apprendere alcune nozioni di base che sviluppiamo in questo trattato — egli si sente diventare invulnerabile in questo gioco appassionante che è la creazione dell’immagine fotografica. Sente anche, dopo un certo tempo, che è diventato un « fotografo-non-come-gli-altri »: l’uomo dei « piccoli formati».